I DUE DIPINTI NELLA CHIESA DELLA MERCEDE

La chiesa intitolata alla Madonna della Mercede pur presentandosi oggi con struttura e arredi realizzati negli anni Trenta, dopo il terremoto del 1908, vanta una lunga storia e antichi legami con la tradizione religiosa locale. L’edificio appartiene alla confraternita omonima che da secoli tiene in vita una tra le più sentite processioni cittadine che, nella domenica di Pasqua, vede le sculture raffiguranti la Madonna e Cristo risorto incontrarsi lungo la strada, portate a spalla dai fedeli.

Nella chiesa, che anticamente era situata all’incirca nella zona attuale, sono custodite due tele conservate da decenni in un deposito da cui, per le loro pessime condizioni, non possono essere spostate.

Si tratta di due interessanti dipinti probabilmente realizzati tra gli ultimi anni del Cinquecento e i primi del Seicento ma poco si può dire di più, perché lo sporco e le cattive condizioni lasciano solo intravedere i soggetti raffigurati: una Pietà e una Madonna col Bambino.

Come riferisce il padre gesuita Placido Samperi nel suo testo del 1644, Iconologia della Gloriosa Vergine Madre di Dio, la piccola chiesa, prima di essere affidata nel 1595 ai Frati dell’Ordine dei Mercedari, era dedicata alla Madonna di Piè di Grotta e al suo interno si venerava un’immagine della Vergine con il Figlio morto inginocchiata davanti ad una grotta. La riproduzione del dipinto riportata dal testo del Samperi conferma l’identità di quell’antico quadro con la Pietà attualmente custodita nell’edificio.

La Madonna col Bambino, invece, proviene probabilmente da un’altra chiesa messinese ed è giunta in questa per vie e motivi ancora sconosciuti. Non è citata, infatti, dalle fonti più antiche che descrivono l’edificio e non corrisponde alla raffigurazione tradizionale della Madonna della Mercede.

L’immagine, anch’essa databile tra la fine del Cinquecento e i primissimi anni del Seicento, è una delle innumerevoli derivazioni, diffuse su tutto il territorio nazionale, della miracolosa icona bizantina venerata nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma e denominata “Salus Populi Romani”.

Lo stato di conservazione delle tele è assai precario e un ulteriore ritardo nell’intervento di recupero potrebbe causare la perdita definitiva di queste due preziose testimonianze della storia e dell’arte messinese, che andrebbero così ad aggiungersi a tutte quelle cancellate dal terremoto.

Questi dipinti dimenticati meritano di essere riportati alla luce con un accurato restauro che restituirà loro non solo la leggibilità e la luminosità che hanno perso per lo sporco accumulato nei secoli, ma anche quella stabilità che potrà consentire di esporle alle pareti della chiesa che, attualmente, sono occupate esclusivamente da riproduzioni fotografiche.

In tal modo si restituirebbe all’interno ecclesiastico quella dignità storica e artistica che merita e le due vetuste immagini potrebbero essere godute dall’intera comunità oltre a consentire studi più approfonditi che potrebbero approdare a scoperte significative per la storia dell’arte messinese.